IL COLORE DELLA LUCE
di Federico Napoli
La natura, il mondo circostante, sono una straordinaria avventura: indagare le forme
ed oltre le apparenze di ciò che ci circonda, sia esso animale o vegetale, terra o cielo, o ancora segno lasciato dall’uomo come una strada tra i campi o un cascinale su di un colle, è un percorso costellato di scoperte.
Analizzare le sensazioni che tutto ciò provoca in noi stessi, questa è l’avventura
di cui sopra e della quale si fa interprete Fiorella Nuti. Cosa intriga la pittrice? La posizione di un corpo umano oppure il rapporto formale intercorrente fra l’ orizzontalità di una linea di colline e la concomitante verticalità di un filare di alberi. Cosa la coinvolge? La possibile conquista di potere dare testimonianza di un fatto o di un aspetto, fissando un momento, una sensazione, uno stato d’animo, affidandolo agli sguardi ed al
godimento dello spettatore. È una pittura di sicura incertezza, ove quest’ultima è dettata proprio dall’instabilità e variabilità emotiva di ciò che
la pittrice ritrae, ma proposta con la volontà di chi, sicura di una scelta, la
persegue fino alla fine.
Il mondo circostante, cioè la natura, richiede per essere ritratta sensibilità
sincera: lontana dall’inganno del facile, piacevole, ma superficiale unico
tocco di pennello, Fiorella Nuti si propone come pittrice lungo un preciso tirocinio fatto di tecniche e di soggetti, di frequentazione di ambienti diversi. È al chiuso di studi e di accademie che Fiorella arricchisce le proprie conoscenze, esercita la mano e l’occhio, compositivamente taglia elimina sintetizza indaga: ne scaturiscono all’inizio (1996) molti disegni a matita o a china che ritraggono nudi di modelle, attraverso la riproposta di una posizione cercando la pittrice di comprendere lo stato d’animo che la rende vitale per poi afferrarne il carattere, procedimento utile a suscitare una reazione emotiva nello spettatore. Nel tempo, il nudo resta per Fiorella campo di indagine, crogiolo espressivo di sentimenti, occupando nel prosieguo superfici pittoriche più ampie e approdando all’uso della tecnica mista e dell’ olio – “Vanità” (2002) -; ma arrivando anche a temi di versi,
come il paesaggio e le ricorrenti marine, oltre alla natura morta, tutti sog-
getti che non di rado in questi ultimi tempi tendono a riproporre in Fiorella
Nuti una elaborazione al chiuso partendo da una prima rapida acquisizione
di appunti sul posto, quindi presentando una successiva costruzione pensata
sul cavalletto, indice così di una volontà di espressione sorretta da una
personale visione del mondo circostante, sentito come ordinato e dominato
dalla calma – si vedano opere come “Bilance su lago” o anche “Monteriggioni” (ambedue datate 2002) che ripropongono il medesimo rapporto di intesa avuto con il corpo delle modelle, tra curve scatti trasparenze e intime strutture -.
La lenta, ma progressiva presa di coscienza da parte di Fiorella di tecniche
e materiali, oltreché del segno creativo, ha fatto sì che successivamente la
pittrice si sia rivolta a tecniche più materiche, ad un segno meno rifrnito e
preciso, ad una operazione creativa fatta di campiture sempre più ampie –
“Omaggio a Mario” (2000) -: e ciò vuoi per un processo creativo meno
descrittivo e quindi maggiormente sintetico, vuoi per una emozione più
istantanea che progressivamente coinvolge l’autrice anche proprio inizian-
do dalle differenti scelte sulla tecnica da usare. Nasce in tal modo un’opera
come “Tempesta” (2001) ove la materia stesa sulla tela è così ricca e pasto-
sa da divenire tridimensionale, dando corpo alla prospettica vista della barca
a riva. Opera certo non isolata, ma accompagnata da altre sempre più
materiche come “Viale alberato” (2000) e “Finestra sul mare” (2001) fino
alla recente” 11 Settembre 2001″ (del corrente anno), tecnica mista su tela,
in effetti assemblaggio materico: tutte opere, comunque, che in certa misu-
ra si ricollegano bene ai primi disegni su carta e china, questi tattili nel
modo di partecipare alla stesura formale del soggetto, quelli nel tempo
ulteriormente resi corpo si dalla matericità della composizione.
Siamo, così, di fronte ad una pittura sicura, dettata da un rapporto positivo
con il mondo, con spiccato interesse per la luce naturale capace di eviden-
ziare il mondo circostante, con istanze morali dissolte nel fatto formale:
nella pittrice, questa è la concretizzazione di una capacità di cogliere l’im-
pressione, di affermare il sapore tangibile di una forma o di un colore.
Anche da qui nasce la scelta di soggetti i più rapportati ai grandi spazi, di
ampio respiro, con un’espressione artistica poco costruita (artificiosamen-
te), bensì piuttosto immediata.
Però, in questo che definiremmo un processo verso l’esterno nel fare pittu-
ra di Fiorella Nuti, nel suo procedere cioè con sicurezza all’interno della
figurazione, focalizzando singoli passaggi espressivi, quindi con una sem-
pre più accentuata attenzione a particolari del mondo circostante che così
di colpo divengono i nuovi protagonisti del quadro – è il caso di “Solitudine
al tramonto” (2002) che riprende dopo anni il discorso minimale, cioè di
particolari quotidiani divenuti protagonisti, nonché di approfondimento
introspettivo iniziato con “Studio”, piccolo olio su faesite del 1998 -, ebbe-
ne, in questo procedere dall’interno del soggetto prescelto all’esterno degli
ampi spazi in cui il medesimo è collocato, la pittrice coltiva un innato
amore per colori e luce: sono questi alla fine i veri protagonisti della sua
pittura, da un quadro come “Mietitura” (1998), dalla vista in campo lungo
ove i gialli ed i bianchi si intrecciano fra loro sotto un immaginato lumino-
sissimo cielo assolato, a opere più recenti ove ora una conchiglia – il già
citato “Solitudine al tramonto” – ora un gabbiano – “Gabbiani” (2002) –
balzano in primo piano così restringendo l’orizzonte, accentrano l’atten-
zione e si assumono il compito quasi di illuminare loro stessi l’intera su-
perficie pittorica.
Secondo un procedimento che dà vita, appunto, a quadri colar luce.
Firenze, Ottobre 2002